Leggere assomiglia molto a viaggiare. Nella letteratura si incontrano storie, tipi umani, paesaggi, si conoscono le bellezze di un luogo ma anche, i suoi problemi sociali, le contraddizioni, le storture. Questo è valido anche (e soprattutto) per la Russia. Nei grandi classici vive l’affascinante spirito russo, nei reportage come quelli della Aleksievich affiora la storia contemporanea aprendo una finestra sui sentimenti di chi quella storia l’ha vissuta dall’interno.
Leggere libri di storia, racconti di viaggio, saggi di arte è fondamentale per capire un Paese così grande e diverso come la Russia. Troppo grande con i suoi undici fusi orari, difficilmente riconducibile alle sole Mosca e San Pietroburgo. Scrivendo questa lista di libri mi sono resa conto ancora una volta delle sue immense “risorse” e di quanto ancora mi sfugga, di quanto ho dimenticato e ritrovato con l’occasione di scrivere queste poche righe. “Non si può capire la Russia con la mente | nella Russia si può solo credere.” scriveva Fëdor Ivanovič Tjutčev.
I libri da leggere sono tanti, non solo per vivere un viaggio con maggior coinvolgimento ma anche per capirci qualcosa in più della Russia. Ho fatto un piccolo elenco. Non prendetela come una raccolta esaustiva, sono solo un personale suggerimento selezionato tra le mie letture. Ci troverete molta letteratura classica perchè per me è imprescindibile.
Seguitemi.
Mikhail Bulgakov. Il Maestro e Margherita.
Una pietra miliare della letteratura russa e non solo, uno dei miei libri preferiti in assoluto. Di una profondità totale per i temi trattati in cui si mescolano satira, amore, denuncia, ironia. Mosca assume un sapore tutto particolare dopo averlo letto, andrete alla ricerca di tutti i luoghi iconici del romanzo, garantito!
Un vero e proprio show di una strana combriccola composta nientemeno che dal Diavolo in persona e i suoi demoni più fidati. Sconvolgeranno la vita di una grigissima Mosca staliniana, immobile, corrotta- inteso anche come corruzione dell’anima- e burocratizzata. Bellissima la scena iniziale del libro con la conversazione tra lo straniero Woland/Diavolo, il presidente del MASSOLIT Berlioz e il poeta Ivan Bezdomnyj. Leggetene un pezzetto:
“Se non ho sentito male, lei stava dicendo che Gesù non è mai esistito?” chiese cortesemente lo straniero. “No, non ha sentito male” disse Berlioz. “Ah, com’è interessante!, e, scusate se sono importuno, voi oltretutto non credete neppure in Dio? – fece gli occhi impauriti e aggiunse – giuro che non lo dirò a nessuno”. “Sì, noi non crediamo in Dio, siamo atei – rispose Berlioz sorridendo della paura del turista straniero – ma se ne può parlare con assoluta libertà”. A questo punto il forestiero si alzò e strinse la mano all’allibito direttore dicendo: “Permetta che la ringrazi di tutto cuore dell’informazione che per me, viaggiatore, è eccezionalmente interessante! – e lo straniero volse lo sguardo impaurito alle case attorno, quasi temesse di vedere un ateo ad ogni finestra – ma ecco il problema che mi turba: se Dio non esiste, allora, mi domando, cosa dirige la vita umana e in generale tutto l’ordine della terra?” “L’uomo stesso li dirige” si affrettò a rispondere Bezdomnyj irritato. “Chiedo scusa – replicò dolcemente lo sconosciuto – ma per dirigere bisogna per questo avere un piano preciso per un periodo di tempo almeno rispettabile. E come può dirigere l’uomo, se non soltanto gli manca la possibilità di fare un piano anche per un periodo di, poniamo mille anni, ma non può disporre neppure del proprio domani? Immagini che lei, ad esempio, cominci a dirigere, a disporre di sé e degli altri, insomma a prenderci gusto, quando improvvisamente le capita… eh… eh… un sarcoma al polmone – e lo straniero socchiuse gli occhi come un gatto – ed ecco che tutto il suo dirigere è finito! Nessun destino, a parte il suo, le interessa più. I parenti cominciano a mentirle mentre lei si precipita prima dagli specialisti, poi dai ciarlatani, se non addirittura dalle chiromanti. E alla fine, colui che s’immaginava di dirigere qualcosa si trova a giacere in una cassa di legno, e gli altri lo cremano in un forno. E capita anche di peggio! Uno ha appena deciso di andare in villeggiatura, un progetto da nulla, sembrerebbe, ma non può attuare nemmeno quello perché tutt’un tratto scivola e finisce sotto un tram!” disse lo sconosciuto strizzando l’occhio a Berlioz, che effettivamente aveva deciso di andare in villeggiatura.“
Esiste anche una serie tv di produzione russa (sottotitolata in italiano), molto fedele al libro.
Svetlana Aleksievich. La guerra non ha un volto di donna.
Un libro toccante, fatto dalle voci di donne che raccontano la Seconda Guerra mondiale. L’autrice ne intervista decine per quasi due anni, raccogliendone le preziose testimonianze. La guerra vissuta e spiegata con una emotività tutta femminile. Le protagoniste sono poco più che ragazzine quando si arruolano per difendere la patria e gli ideali della loro giovinezza. Una guerra un po’ meno eroica forse (in realtà altrettanto eroica), ma vera, terribile e che rende l’idea di che cosa abbia significato questo conflitto per la Russia.
“La guerra per le donne è un’altra cosa rispetto ai maschi. Mi hanno colpito le parole di una ex soldatessa sovietica che dopo una battaglia è andata a vedere il campo dove giacevano i morti e i feriti. Diceva: c’erano ragazzi, bei giovani, russi e tedeschi, mi dispiaceva ugualmente per tutti quanti. La morte e il dolore non conoscono differenze tra gli esseri umani. Ma lo sanno solo le donne.”
Jan Brokken. Bagliori a San Pietroburgo.
Jan Brokken racconta San Pietroburgo attraverso le storie e le sofferenze di grandi personaggi che hanno reso questa città elegante e un pò malinconica un polo culturale importantissimo. Una galleria di scrittori, musicisti, artisti, intellettuali da Anna Akhmatova a Dostoevskij, passando dalla musica di Shostakovich Rachmaninov e Rimskij-Korsakov, e poi dall’arte di Malevich. Indaga il loro rapporto con la città e la Patria da profondo conoscitore della realtà russa. Un libro che deve essere assaporato lentamente ed approfondito attraverso ricerche ed ascolti (fatelo perché vi aprirà una finestra sulla Russia).
“Tutto è letteratura in questa città, tutto è musica. Anzi, sono la letteratura, la musica, l’arte figurativa, il balletto, il teatro a sprigionare il bagliore che emana questa città.”
Lev Tolstoj. Guerra e Pace.
Da che parte cominciare non saprei. Comincio col dirvi di non lasciarvi spaventare dalla lunghezza perché rischiereste di perdere troppo. Le vicende si svolgono sullo sfondo storico delle guerre napoleoniche, ampi spazi vi sono dedicati e vi assicuro che non li dimenticherete mai più. Meglio di un libro di storia! I personaggi diventano parte della tua vita o meglio tu diventi parte della loro. Ti senti come risucchiato da un mondo intero: guerra, amore, storia, psicologia, spiritualità, amicizia profonda, storie umane, drammi esistenziali. Il tutto descritto attraverso le vite di alcune famiglie aristocratiche: i Bolkonskij, i Rostov, i Kuragin e Pierre Bezuchov. Eccovi uno dei passaggi più famosi del libro. Il principe Andrej, ferito gravemente durante la battaglia di Austerlitz si interroga sull’inutile affannarsi dell’uomo e su Dio:
«Che cos’è? Sto cadendo? Mi cedono le gambe», pensò e cadde sul dorso. Aprì gli occhi, sperando di vedere com’era finita la lotta dei francesi con gli artiglieri e desideroso di sapere se l’artigliere rosso era stato ucciso oppure no, se i cannoni erano stati presi ho salvati. Ma non vedeva nulla. Sopra di lui non c’era più nient’altro che il cielo- un cielo alto, non limpido, e tuttavia incommensurabilmente alto, con nuvole grigie che vi scorrevano piano. «Com’è tutto silenzioso, quieto e solenne, non come quando correvo, – pensò il principe Andrej, – non come quando correvamo, gridavamo e ci battevamo; non come quando il francese e l’artigliere si contendevano lo scovolo, con le facce furiose e spaventate: le nuvole scorrono in modo completamente diverso in questo cielo alto e infinito. Ma come ho fatto a non vederlo prima, questo cielo alto, e come sono felice di averlo finalmente conosciuto. Sì! Tutto è vano, tutto inganno, tranne questo cielo infinito. Non c’è niente, niente all’infuori di questo. Ma non c’è neppure questo, non c’è nient’altro che silenzio, pace ritrovata. E grazie a Dio!… »
Colin Thubron. In Siberia.
Un libro che racconta attraverso storie e incontri la Siberia dei primi anni Novanta. Colin Thubron è uno scrittore inglese che ha esplorato la Russia più volte. In questo libro descrive una Siberia che da poco aveva aperto le porte ai viaggiatori stranieri, una terra meravigliosa che però soffre profondamente il disfacimento post sovietico. Una terra troppo lontana e ignorata da Mosca e da tutta la Russia europea.
Il suo viaggio comincia a Ekaterinburg e arriva fino alle propaggini estreme del paese verso il pacifico e verso l’Artico, incontrando tutta la varietà etnica e di tipi umani che vivono sotto l’immenso cielo della Russia. Non mancano pagine angoscianti e ironiche che si alternano alla descrizione della selvaggia bellezza di questa terra, che a volte però resta un po’ troppo sullo sfondo.
“Verso sera il vento cala, ed entriamo in un vuoto dorato. E’ questa la Siberia originaria, penso: la Siberia sfuggente, infinita, che perdurava come un inconscio geografico negli occhi dei primi viaggiatori. Il suo vuoto apparente era una lavagna pulita su cui scrivere. Per secoli sollevò dicerie e leggende, evocò ideali, suscitò paure. Persino il suo nome – una fusione mistica tra il mongolo siber, “bello, puro” e il tartaro sibir, “terra addormentata” – suggeriva l’immagine di un altrove vergine e in attesa. Hegel la collocò addirittura fuori dai confini della storia: troppo fredda e ostile per ospitare una vita significativa.”
Feodor Dostoevkij. Le notti bianche.
La profondità psicologica dei personaggi della grande letteratura russa è strabiliante. E’ fondamentale la lettura dei classici per affacciarsi sull’anima russa. Le notti bianche è un libro altamente psicologico che in poche pagine sonda il tema dell’alienazione con una attualità incredibile. Le vicende si svolgono a San Pietroburgo nelle lunghe notti d’estate quando il sole continua ad emanare i suoi bagliori anche di notte. Leggetelo e poi anche Piter avrà un sapore diverso.
“Era una notte incantevole, una di quelle notti come ci possono forse capitare solo quando siamo giovani, caro lettore”.
Svetlana Alesksievich. Tempo di seconda mano.
Tempo di seconda mano è un collage di storie, di sentimenti. Quelli della gente di Russia che descrive il crollo dell’Unione Sovietica e del comunismo con sentimenti contrastanti, per alcuni un dramma per altri una liberazione. La Aleksievich lascia parlare i suoi intervistati, non interviene, se non nelle note didascaliche e con qualche commento qua e là. Li incontra ovunque nelle case, nelle piazze, sui treni è tutta gente comune che sembra essere avida di raccontarsi, di dire la sua.
I discorsi sulla libertà sussurrati nelle cucine: che cosa è veramente la libertà? E’ necessaria all’uomo russo?
Emergono storie incredibili sepolte in fondo all’anima, vite passate tra un androne e una stazione, tra una kommunalka e l’altra, gli uomini resi inutili dalla piaga dell’alcool. Alcuni maledicono gli anni ’90, volevano solo un pò di libertà in più, non quello che è successo al Paese in quegli anni. Il salame emerge come una specie di araldo del benessere (desiderio di un benessere semplice) e ritorna nelle voci di molti.
Un aspetto toccante è il senso di appartenenza che c’era nell’URSS, anelato e rimpianto da molti. La consapevolezza di essere tutti fratelli e sorelle, un unico enorme popolo. Tutti diversi eppure tutti uniti in una convivenza pacifica. Una profuga armena di nome Margarita racconta la festa del Navruz Bajram a Baku. “Nel giorno più importante della festa si formava una tavola lunghissima nel cortile e su di essa c’erano i ravioli di carne georgiani i chinkali, i boraki cannelloni di carne armena, i bliny russi, torte alla tatara, carni farcite di castagne alla maniera azera…”. Da un momento all’altro crollata l’Unione, l’odio si è inspiegabilmente impossessato delle persone che hanno iniziato a uccidersi senza pietà.
E poi ci sono le storie truci e amare di chi racconta dei gulag o della guerra in Cecenia, perchè le ha vissute personalmente o ha visto tornare persone care da quell’inferno. Storie di vittime e carnefici talmente intrise di morte da restare ipnotizzati, da sembrare di conoscerla da sempre: “Non doveva necessariamente essere una vecchia sdentata con la falce, ma poteva anche avere il sembiante di una bella ragazza, perchè no?” dice Aleksandr, un ex soldato.
La dissoluzione dell’URSS è stata la dissoluzione di vite intere.
Ci avevano lasciato respirare un pò d’aria fresca, e adesso richiudevano la porta… Ci avrebbero fatto rientrare nella nostra gabbia, ricacciati nuovamente nell’asfalto… come farfalle imprigionate nel cemento”
Vladimir Medinskij. Miti e contromiti. L’Urss nella Seconda Guerra Mondiale.
Sono stata indecisa a lungo se inserire questo titolo in questa raccolta. A partire dagli anni della Guerra Fredda il ruolo dell’URSS nella vittoria sul nazismo è stato progressivamente ridimensionato e sminuito e l’immagine dell’Unione Sovietica è stata sempre più avvicinata alla Germania nazista. Con il crollo del socialismo negli anni ’90 questa tendenza si è fatta strada prepotentemente anche nei Paesi dell’ex blocco sovietico, in particolare l’Ucraina e i Baltici, ma anche presso alcune correnti nella stessa Russia.
Fino ad arrivare ad una risoluzione recentissima nel settembre 2019 del Parlamento dell’Unione Europea che propone di retrodatare la data di inizio della guerra all’accordo Molotov-Von Ribbentrop, rendendo Mosca corresponsabile. Questo libro di Medinskij ha lo scopo di smontare questa narrativa ripercorrendo gli eventi del conflitto. E’ vero che a tratti lo stile mi è sembrato un pò propagandistico, ma le fonti citate sono moltissime e si ha occasione di verificare e approfondire. Ognuno poi tragga le proprie conclusioni, ma sono convinta che sia difficilmente negabile il contributo positivo dell’URSS nella Seconda Guerra Mondiale, anche al netto delle sue pagine oscure, peraltro non assenti in altri Paesi.
Mi sono occupato a lungo di storia, ma non credevo che avrei mai scritto un libro come questo. La Grande guerra patriottica mi sembrava un argomento ostico, e volevo inoltre evitare di affrontare questioni del recente passato. Nel 2009, tuttavia, mentre ricorreva il settantennale dell’inizio della Seconda guerra mondiale, l’Unione europea fu attraversata da un moto di isteria; Stalin venne paragonato a Hitler, l’Unione Sovietica venne equiparata al Terzo Reich e le si attribuì la corresponsabilità dello scoppio della guerra. Dai blog di internet, fino alle dichiarazioni ufficiali dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, fu riesumato tutto l’armamentario di falsi miti e squallide calunnie sull’Urss. Mi convinsi allora che era utile, necessario, un testo sull’argomento e iniziai a raccogliere materiale per questo libro.
Egon Sendler. L’Icona, immagine dell’invisibile.
Non voglio spacciarlo per un libro semplice, ma interessante si. E inoltre l’icona è una forma d’arte importante in Russia (nonchè estremamente suggestiva) e la ritroverete nelle iconostasi in qualsiasi chiesa, oltre che in numerosi musei tra cui ad esempio la Galleria Tret’jakov.
Questo è un libro d’arte ma scritto in un linguaggio comprensibile anche ai non addetti ai lavori. Ne consiglio la lettura per apprezzare in modo più profondo questi capolavori. L’icona è una forma di arte religiosa che nasce con il cristianesimo stesso, il libro inizia col tracciare i riferimenti storici della sua nascita e gli elementi filosofici e teologici che ne stanno alla base, per poi spiegarne gli elementi estetici e le tecniche di realizzazione. Un saggio imperdibile per affacciarsi su questa forma d’arte così tipica dell’Oriente cristiano.