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I russi hanno la fissa dei vezzeggiativi, dei diminutivi e di tutto ciò che si può trasformare in una forma affettuosa. Vodka è una forma vezzeggiativa che significa “piccola acqua” o “acquetta”, da вода (vadà) acqua + il suffisso ka.

La vodka è, nell’immaginario mainstream, la bevanda per eccellenza della Russia. In realtà non è che proprio tutti i russi siano degli ubriaconi o che bevano solo ed esclusivamente vodka. Ad esempio durante i festeggiamenti fa spesso coppia con il russkoe shampanskoe (imitazione russa del nostro prosecco).  Normalmente la bevanda preferita dei russi – come vi ho spiegato qui – non è alcolica ma è il , che viene bevuto a qualsiasi ora del giorno e in ogni casa certamente non manca un bollitore.

Ma tornando alla fama dei russi grandi bevitori, la “Cornaca degli anni passati” del monaco Nestore riporta queste parole del Principe Vladimir: “Bere è la gioia della Rus”. Siamo nel 988 d. C. e il principe di Kiev deve assolutamente scegliere una religione monoteista perché pagani no, proprio non si può restare! Così riceve le delegazioni di Islam, latini, ebrei e bizantini. Tutti vengono scartati tranne la fede di Bisanzio per motivazioni su cui qui non mi dilungherò. Rifiuta l’Islam a causa del divieto di bere alcol.

Ma si dice Wodka o Vodka?

E qui si apre la faida tra Russia e Polonia! Per farla breve la documentazione storica pare dar ragione ai polacchi come inventori, ma i primi a farne un business e un monopolio furono la nobiltà russa e gli Zar. Resta il fatto che i distillati a base di cereali sono tipici di tutta la fascia europea in cui non è possibile la coltivazione della vite. Le origini sono contadine e avvolte nel mistero. La tradizione popolare ci ha tramandato la preparazione di un fermentato di patate e successivamente di cereali, che poi veniva distillato con alambicchi rudimentali. Ancora oggi esistono questi preparati casalinghi ‘samogon’ e ‘polugar’.

Prima in Europa, poi nel mondo.

Fino alla Rivoluzione del 1917 la vodka era sconosciuta agli europei (tranne Napoleone e i suoi soldati che durante la Campagna di Russia l’avevano già conosciuta nel tentativo di non morire assiderati!). Anche in questo caso protagonisti saranno i nobili che fuggirono dalla Rivoluzione in Europa. Uno dei più famosi distillatori Piotr Smirnov proverà a farla apprezzare ai parigini, che però abituati ai profumati cognac la “snobbarono”. Il successo arriverà in America dove nascerà il famoso “Moscow Mule”. Ma la vodka sarà sempre considerata simbolo della classe operaia russa e della “cortina di ferro”. Fino a quando James Bond nel film “Casino Royale” non inventerà il Vesper Martini. Da quel momento i più famosi barman di America ed Europa creeranno decine di cocktail con il distillato, rendendolo famoso e affrancandolo dalla nomea popolare e contadina.

Ma nel frattempo in Russia… c’erano le ryumochnaya!

Più che un bar potremmo definire la ryumochnaya una ‘shotteria’. Ryumka infatti è il tipico calicino da shot in cui si serve la vodka. In Unione Sovietica, le ryumochnaya erano indicate come “snack bar specializzati”. Erano in pratica bottiglierie che vendevano oltre all’alcol – principalmente vodka- anche semplici pasti, panini con salsiccia, uova sode, formaggio, aringhe salate, spratti (se ve lo state domandando è un pesce simile alla sardina che facilmente troverete conservato in scatola), che la gente consumava in piedi appoggiati a tavoli alti senza sedie. Un bar dal sapore sovietico che era luogo di convivialità, passione, incontro, lunghe discussioni ma anche di perdizione e autodistruzione. Nella Russia moderna quelle più antiche stanno scomparendo e stanno nascendo delle rivisitazioni più cool come questa a Mosca oppure quella che si trova nel Museo della Vodka  a San Pietroburgo.

Come si beve e qualche suggerimento

La vodka non si assapora come se fosse un vino d’annata o una grappa, si beve alla goccia. Meglio accompagnarla con qualche stuzzichino calorico magari salato- gli immancabili cetriolini sottaceto, acciughe o lardo su fette di pane integrale, formaggio, aringhe – o con la classica salamoia. Consiglio per la sopravvivenza (testato personalmente): se per caso vi ritrovate ad una cena in cui oltre alla vodka circolano anche vino e birra evitate di mischiare. Consiglio da me più volte disatteso con conseguenze nefaste! ;)))

Il bicchierino è generalmente preceduto da un ‘tost’, un articolato brindisi in cui si augura ogni sorta di bene ai commensali (salute, amore, amicizia, fortuna ecc). Se proprio non sapete cosa dire un za zdarovje è accettato!

E ora beccatevi questa breve lista delle mie preferite.

Potreste dissentire ma…”De gustibus non est sputazzellam!“.

Tsarskaya Gold

Ce l’ha consigliata l’addetta del Duty free e siamo stati contenti di ave accettato il consiglio. E’ finita in una cena con amici! La ricetta risale all’epoca di Pietro il Grande. Distillata da grano e affinata con miele, un’infusione di fiori di tiglio e l’acqua del Ladoga.

Beluga

Forse una delle più conosciute e riconosciute. Prodotta con ingredienti biologici, lieviti naturali e l’acqua più pura dei pozzi artesiani della Siberia. Distillata da orzo e affinata con miele, rhodiola rosea e cardo mariano.

PureDew

Una vodka biologica prodotta artigianalmente e di altissima qualità. Ogni stadio della preparazione è certificato secondo il Bio Standard. I terreni da cui nasce il grano utilizzato riposano per anni e non vengono trattati con fertilizzanti artificiali, cosa che non permette di avere grano in grande quantità.

Nemiroff Betulla

Vodka ucraina aromatizzata alle gemme di betulla.

La Romania è strana! Non in senso negativo, ma proprio nel senso più profondo del termine… nel senso di una suggestione particolare, difficile da descrivere tra il surreale e il malinconico. Arcano! Un posto dove le cicogne fanno ancora il nido sui pali della luce sopra un grumo di cavi lungo le strade ma ci sono anche i locali di tendenza nella capitale.

Un Paese in bilico tra le sue contraddizioni: l’antichità e il passato sovietico; i carretti trainati da cavalli e le città con tanta voglia di proiettarsi verso il futuro. A Bucarest convivono spalla a spalla palazzi e intere vie curati e restaurati di fresco con quelli sgualciti e decadenti. Le città sulla costa del Mar Nero sono in pieno fermento costruttivo, come se fossero ancora nei nostri anni ’60-’70, eppure un gioiello architettonico come il Casinò di Costanza giace in rovina.

Viaggiare in auto.

Per questo viaggio abbiamo optato per la soluzione Fly&Drive. L’itinerario era abbastanza lungo (circa 800 km) e dunque era la soluzione migliore per spostarsi velocemente da una località all’altra. Le strade non sono tutte in ottime condizioni ma non sono nemmeno così tragiche. Partendo da Bucarest abbiamo attraversato paesini color pastello in stile sassone con le case srotolate lungo la via principale, bordeggiati da vigne, colture di granturco e boschi. Ci siamo fermati in luoghi inaspettatamente interessanti ammirando la bellezza rurale della Transilvania e siamo riusciti a raggiungere con comodità la Chiesa fortificata di Biertan.

Sulla costa del Mar Nero abbiamo utilizzato i mezzi pubblici e le immancabili e pittoresche marshrutki! Quest’ultima è un’esperienza di sovietica memoria che consiglio di provare.

Un itinerario fra il medioevo in Transilvania, la Valacchia e fino al Mar Nero

1) Bucarest e il Museo Architettura in legno

Bucarest è una città frizzante, si intuisce che ha voglia di cambiamento.  L’architettura è variegata. Dai palazzi dal sapore parigino a quelli di stampo sovietico (esempio sopra tutti il Palazzo del Parlamento di Nicolae Ceausescu). Ma sono presenti anche elementi bizantini come la piccola Chiesa ortodossa di Stavropoleos in stile Brâncoveanu (commistione di elementi bizantini e ottomani) situata proprio nel bel mezzo del centro storico. La città è famosa per i suoi parchi, (cosa abbastanza comune in tutte le città dell’Est). Noi abbiamo visitato il Parcul Cișmigiu, il più antico di Bucarest. Ha alcuni angolini davvero suggestivi con ponticelli che si specchiano nel lago e il chioschi per l’orchestra.

Sulla sponda del lago Herestreau sorge il Muzuel National al Satului “Dimitrie Gusti”. Un vero viaggio indietro nel tempo nella Romania rurale con edifici in legno originali trasportati da varie parti del Paese per documentare la vita della campagna rumena.

2) Brașov – Busteni- Sinaia

Brașov è una cittadina immersa nei Carpazi il cui centro è visitabile comodamente in una mezza giornata.  Il sito conobbe grande sviluppo in epoca medievale grazie all’insediamento di artigiani e mercanti sassoni chiamati a sviluppare il territorio da Re Geza intorno alla metà del 1100. L’influenza tedesca è perfettamente visibile nello stile architettonico della città. Una delle cose che colpiscono e vengono ricordate con simpatia è la scritta Brașov, in stile holliwoodiano sulla cima del monte Tampa. Da non perdere l’imponente Chiesa Nera di epoca tardo gotica.

Non lontano da Brașov si trovano Sinaia e il paesino di Bușteni con le sue viste mozzafiato sulla catena montuosa dei Carpazi. E’ una piccola località turistica di montagna, prendendo la funivia si può raggiungere l’altopiano dei monti Bucegi dove si trova la Sfinge di Bucegi – formazione rocciosa che ricorda una sfinge – e si possono fare deliziosi trekking. Ma anche il paesino in sé merita una visita, camminando per le sue vie si possono scorgere casette di legno e di pietra e il bel Castello di Cantacuzino. Sinaia invece è rinomata per il Castello di Peles. Avvolto da montagne verdissime ricorda un palazzo alpino tedesco con le tradizionali trame lignee delle case a graticcio.

3) Sighișoara – comprare un mazzolino di fiori da una zingara ai piedi della Scala degli Studiosi

Anche Sighișoara è una città antica. La cittadella medievale fortificata con le torri dedicate alle varie corporazioni, con le sue stradine acciottolate e le botteghe artigiane è arroccata sulla collina. Ha origini che risalgono al XII sec quando anche qui giunsero i sassoni chiamati dai Re d’Ungheria. Ancora oggi i sassoni costituiscono una importante minoranza in Transilvania. La chiesa gotica sulla collina si raggiunge attraverso una lunga scalinata con una copertura in legno annerita dal tempo, la Scala degli Studiosi, ed è affiancata da uno dei più suggestivi cimiteri che io abbia mai visto. Si dipana tutto un po’ in pendenza lungo la collina tra tombe ricoperte dall’edera, vialetti acciottolati e alberi secolari.

4) Sibiu

Indovinate un pò chi si era insediato qui? I sassoni. Lo si nota dall’aspetto delle case, dalla lingua che parla la gente, dai nomi sulle targhe sugli edifici. Ma qui vivono anche minoranze ungheresi insieme ai rumeni e ai gitani. Un crocevia di popoli e culture ciascuno con la propria religione e le proprie chiese, la propria lingua e tradizioni. Un patrimonio culturale eccezionale. Sibiu è una città medievale degna del mondo stravagante che brulica nei margini miniati nei manoscritti (le Droleries o Babewyn o Verkehrte Welt).

Qui le case hanno occhi e i ponti hanno orecchi! Le alte falde dei tetti hanno abbaini stretti che ricordano occhi maliziosi e curiosi che spiano i passanti. A volte è un po’ inquietante! Il Ponte delle Bugie si dice che abbia orecchie e che possa svelare le menzogne pronunciate su di esso (in realtà si tratta di un ponticello in ghisa di finissima manifattura). Tutto ciò mi ha ricordato il mondo “alla rovescia” delle favole letterarie che fiorì verso la fine del 1100 un po’ ovunque in Europa e che esplose sui bordi dei libri medievali. Storie impossibili un pò come un orso che insegue un falcone in cielo o un corvo che pesca maiali in un ruscello.

E poi quando ti ostini a cercare medioevo ovunque ti capita anche di trovare un Abbazia Cistercense in un minuscolo comune di 800 anime. Il Monastero Cistercense di Cârța, fu costruito dai monaci di Igriș intorno al 1205. Ma i primi edifici erano in legno e non sono pervenuti, nel 1230 iniziò la vera propria costruzione del monastero conclusasi nel 1320. Attaccato da tatari e turchi è esempio di gotico primitivo in Transilvania.

La chiesa del monastero era una basilica a tre navate con un grande rosone in facciata, portale strombato, transetto e coro poligonale. Purtroppo di questa prima costruzione si è conservato molto poco. Un sentierino lastricato che attraversa un piccolo cimitero conduce a quella che attualmente è la chiesa ricavata nel coro e nell’abside della ex basilica. Le ricerche archeologiche hanno portato alla luce tombe funerarie datate tra il XIII e il XIV secolo.

5) Constanța – Mamaia

La cosa che più mi ha fatto male è stata vedere l’agonia del Casinò di Costanza, il gioiello liberty che sorge su una terrazza affacciata sulle acque scure del Mar Nero.  Vittima della selvaggia speculazione edilizia e dell’incuria degli anni 90. Purtroppo io non sono riuscita a visitare gli interni, ma i ragazzi di Sotto la Polvere hanno avuto questa fortuna e sul loro blog troverete un sacco di foto bellissime che vi faranno innamorare. Per fortuna, pare che negli ultimi anni qualcosa si stia muovendo in senso positivo nel recupero della struttura. Un progetto europeo e l’attività di un gruppo di giovani architetti rumeni con sede a Costanza, hanno permesso agli abitanti di ricominciare a frequentare il Casinò. Ci sono concerti e serate di lettura.

Mamaia è un po’ una Rimini sul Mar Nero. File di hotel e residence, lounge bar sulla spiaggia, ristoranti di pesce e locali più o meno informali ( e più o meno kitch) ma sicuramente super turistici. A noi interessava soprattutto passare qualche giorno in una spiaggia il più possibile isolata, così abbiamo scelto un hotel distante dal centro cittadino. A circa un kilometro c’era una bella spiaggia con un chioschetto che mandava a ripetizione una compilation di capolavori pop rivisitati in stile bossanova!  E’ stata la colonna sonora delle nostra giornate in spiaggia sotto il tiepido sole di fine estate e la brezza sottile.

Se volete regalare ai vostri amici un “souvenir à la russe” (un giorno vi spiegherò anche il perchè del francese) sappiate che qui non troverete solo matrioska, vodka e chincaglierie cinesi. La Russia vanta un’antica tradizione di lavori artigianali, dalla ceramica alle miniature laccate, dai pizzi di Vologda agli scialli di Pavlovskij Posad, nonchè specialità culinarie dai tè alle marmellate, e poi i prodotti cosmetici fatti con ingredienti siberiani. Inoltre non trascurate gli shop dei musei perché spesso offrono interessanti articoli per regali sfiziosi e originali.

Tralasciando matrioske e vodka ecco alcuni suggerimenti.

Te’ e infusi, cioccolata, miele e ..marmellata di pigne!

Bacche, frutti di bosco, pigne ed erbe siberiane ne troverete a bizzeffe. Non vi ci vorrà molto a notare quante varietà di mirtilli possono avere succhi e tè! La Taigà è ricca di centinaia di varietà di frutti di bosco, molti di questi del tutto sconosciuti in Europa come il camemoro e l’olivello spinoso (oblepìkha).

Varenje (le marmellate), tè e infusi con frutti di bosco e bacche li troverete un po’ ovunque nei mercati, supermercati e negozi e saranno sicuramente un souvenir esotico. Soprattutto infilate in valigia un vasetto di varenje is shishek, la marmellata di pigne fatta con le giovani pigne di pino (in particolare il pino, o cedro, siberiano). Vengono raccolte in primavera e si prepara una confettura estremamente balsamica che si mangia in autunno e in inverno, toccasana contro mal di gola e raffreddore. Le pignette sono morbide ma allo stesso tempo croccanti, un po’ resinose all’inizio ma che vi lasciano in bocca un buon sapore aromatico.

Prima che il tè giungesse in Russia si beveva un infuso di erbe chiamato Ivan Chaj dalle molte proprietà benefiche e diffuso ancora oggi. I medici ritengono che aiuti ad abbassare la febbre, allevi il mal di testa, riduca il rischio di contrarre il cancro e aiuti a liberare il corpo dalle tossine. Se passate da Mosca andate alla casa del tè Perlov sulla Myasnitskaya, qui lo troverete di sicuro insieme ad altre centinaia di varietà di tè, infusi e caffè.

E’ vero in Italia e in Europa abbiamo tanto buon cioccolato ma portare con voi una tavoletta di “Aljonka” è un grande classico dal fascino sovietico. Anche il miele non è una prerogativa russa ma potete cercarne alcune varietà tipiche come il miele di tiglio della Bashkiria, quello di fiori misti degli Altaj o quello di alta montagna degli Urali.

Artigianato

Se possibile, il mio consiglio è di evitare i negozi troppo turistici che molto spesso vendono solo cinesate e cercarne di più artigianali che probabilmente saranno più cari ma offrono un prodotto di qualità e unico.

Se volete delle alternative alle matrioske eccone alcune:

Miniature in lacca di Palekh Le bellissime immagini sono dipinte su scatoline, spille, astucci e posacenere. Per lo più sono tratte dalla letteratura classica, dal folklore e dalle favole russe. Oltre ad aprire un mondo sul folklore russo sono davvero molto belle e i disegni estremamente delicati.

Motivi Khokhloma Decorazione tradizionale nelle tonalità del rosso/nero/oro che veniva usata per abbellire oggetti di legno. Si trovano su cucchiai, ciotole, tazze, contenitori e stoviglie. I motivi sono ispirati alla natura russa: fiori, bacche, foglie e viticci. Nonché uccelli e pesci.

Scialli di Pavlovskij Posad Quella del platok è una delle tradizioni artigianali più celebri in Russia. Questi scialli sono realizzati in seta, lana, cotone e decorati con stampe variopinte. Un capo intramontabile che da oltre 200 anni continua ad incantare e anche le ragazze più alla moda lo indossano. Non per sole bàbushki, basta saperli indossare! Un accessorio versatile e sempre utile capace di trasformare un abito semplice o sportivo in una mise particolare. Ce ne sono per tutti i gusti, dai più tradizionali ai più moderni. Il mio primo “Pavlovo” l’ho comprato a San Pietroburgo e non me ne sono mai pentita.

Cosmetica naturale? Natura Siberica

Prodotti ricercatissimi che contengono erbe ed estratti di piante medicinali siberiane, tutti derivati da raccolta selvatica o dalla coltivazione in aziende agricole biologiche locali. L’azienda inoltre è impegnata a livello locale nel creare posti di lavoro per la comunità e avvia programmi per la conservazione e la coltivazione di piante rare. Certificati BDIH, ECOCERT e ICEA e non testati su animali. Semplicemente straordinari, fatene incetta perché in Italia non si trovano molto facilmente e comunque non si trovano tutti. In Russia ci sono numerosi negozi in varie città tra cui ovviamente Mosca e San Pietroburgo. Ecco il link al sito.

Viaggiare in treno mi è sempre piaciuto. Il mio primo grande viaggio è stato in treno, un Inter Rail attraverso tutta la Scandinavia dalla Danimarca alla Finlandia. Un’esperienza lunga un mese cullata dal dondolio del treno, dallo sferragliare delle rotaie e persa nei paesaggi che scorrevano dal finestrino.

Il primo treno in Russia è stato il notturno San Pietroburgo – Mosca. Oxana e Yuri ci avevano messe sul treno, davanti a me stava una babushka con il suo sacchetto delle cibarie (perché non sia mai..). I podstakanniki erano già sui tavolini, l’acqua nel samovar è sempre calda. Se vi state domandando cosa siano i podstakanniki, sono dei porta bicchieri in metallo decorato, li vedrete su tutti i treni a lunga percorrenza. I russi sono grandi bevitori di tè (ve ne ho già parlato qui).

In Russia il treno è un mezzo di trasporto molto amato, oltre ad essere economico.

E’ vero che viaggiare in treno richiede tempo ma sicuramente offre la possibilità di sbirciare più da vicino una Russia più autentica. I treni russi coprono distanze lunghissime e diventano luogo d’incontro e di avventura, soprattutto se si viaggia in platskart la mitica terza classe. La prima cosa da capire è: dimenticatevi la privacy in platskart! Questi sono dei veri e propri vagoni dormitorio open space, con letti a castello lungo un corridoio centrale in cui si affolla l’umanità più varia. Di sicuro non particolarmente comodi ma occasione per fare nuove amicizie, vivere aneddoti divertenti, e conoscere la complessità della società russa. Ah.. e non stupitevi se intorno a voi vedrete gente indossare tuta e ciabatte!! Se il viaggio da affrontare è lungo, meglio mettersi comodi.

Ovviamente non mancano i treni veloci (come il Sapsan, che copre la distanza Mosca – San Pietroburgo in 4 ore o l’Allegro) che  sono un mezzo di trasporto efficiente e moderno tipicamente europeo, sebbene molto meno caratteristico e a cui siamo già abituati. Salvo per una caratteristica che catturerà immediatamente la vostra attenzione: la provodnitsa (o provodnik se è un uomo). Le troverete sia sui treni veloci che su quelli a lunga percorrenza. Sono le addette al vagone (generalmente si tratta di donne), una specie di controllore, hostess, cuccettiste. Quando dovete salire a bordo sono loro che controlleranno i vostri biglietti e documenti e se avrete qualsiasi necessità è a loro che dovrete rivolgervi. Hanno l’elenco di tutti i passeggeri che devono salire a bordo in ogni stazione, ve lo giuro, l’ho visto con i miei occhi! Sui treni a lunga percorrenza si occupano anche della pulizia e dell’organizzazione del  vagone. Sono loro che raccolgono le lenzuola sporche (che si acquistano automaticamente con il biglietto), si preoccupano di non far mancare l’acqua nel samovar, controllano ciò che succede nel vagone.

Quando e dove acquistare i biglietti dei treni?

Gli orari sono consultabili da circa due mesi prima sul sito delle Ferrovie russe. La vendita dei biglietti invece viene aperta 45 giorni prima della data di partenza. Prima si prenota e più basso sarà il prezzo. Man mano che ci si avvicina alla partenza costerà di più. Quindi meglio organizzarsi per tempo! Potete scegliere fra diverse categorie, non sono presenti sempre tutte su tutti i treni. Qui sotto l’elenco con le caratteristiche:

  1. Platzkart (Плацкарт) è la terza classe. Come vi spiegavo sopra si tratta di un vagone letto. I letti sono a castello disposti in gruppi di 4 lungo un corridoio e un’altra fila lato finestrino. Ogni vagone ha due bagni, uno per lato.
  2. Kupè (Купе) è la seconda classe. Sono delle cuccette chiuse da 4 posti. Ogni vagone ha due bagni, uno per lato.
  3. SV (спальный вагон) è la prima classe. Le cuccette sono da due posti letto. Ci sono più bagni per vagone e anche la cabina doccia.
  4. Lux (Люкс) la categoria lusso si trova solo su alcuni treni e le cuccette sono da due letti con bagno e doccia privati.

L’Elektrichka.

Il treno locale, usato dai pendolari per spostarsi dai paesini e piccole città verso le metropoli. Anche qui la fauna che incontrerete è pittoresca. E a proposito di fauna.. Su questi treni il biglietto non è nominale e perciò sarà più probabile avvistare le “lepri”. Ossia i furbi che viaggiano senza biglietto e fuggono appena arrivano in stazione o avvistano un controllore, in russo si dice “idti zaizem” : fare come la lepre.

Insomma viaggiare in Russia in treno è un’esperienza da fare, non perdete questa occasione! I treni russi sono estremamente puntuali, sui treni che attraversano l’enormità del paese ogni viaggio è un’avventura, sui veloci treni moderni l’efficienza non vi deluderà.

La Prospettiva Nevskij è un lungo corso che costituisce il cuore di San Pietroburgo. Il nome “Prospettiva” in realtà è sbagliato perché si tratta della traduzione letterale in italiano del termine russo “Prospekt” che significa corso. Una via elegante e maestosa che racchiude perle  di stili diversi: Art nouveau, neoclassico, le tradizionali cupole colorate a cipolla dell’architettura russa.

«Non c’è cosa più bella del corso Neva, almeno a Pietroburgo: per essa è tutto. Di che non rifulge la strada regina della nostra metropoli? So per certo che neppure uno di questi incolori e burocratici abitanti darebbe il corso Neva per quanto oro vi è al mondo.»

Nikolaj Vasil’evič Gogol’, Il corso Neva, in Racconti di Pietroburgo

Nella cartina qui sotto trovate la loro localizzazione e cliccando sul simbolino qualche informazione. Le due fermate della metropolitana più comode per raggiungerle tutte sono Gostinij Dvor e Nevskij Prospekt.

Dom Knigi

E’ la più grande libreria di San Pietroburgo, impossibile non notarla grazie alla sua singolarissima torre conica che culmina con un globo di vetro (il marchio di Singer). La traduzione letteraria è “La Casa del Libro” e non può essere altrimenti visto l’enorme spazio dedicato alla cultura nazionale e non.

All’interno non troverete solo libri in cirillico, ma anche sezioni per nazioni e libri quindi in lingua originale.

La Dom Knigi

Un edificio esisteva sulla Prospettiva Nevskij fin dal XVIII sec. Nel 1902 l’azienda manifatturiera tedesca Singer acquistò l’appezzamento di terreno. Qui costruì la sede generale e una serie di locali destinati al noleggio. Non tutti erano favorevoli al progetto, tuttavia lo zar Nicola II diede il permesso alla costruzione del nuovo edificio in stile Art Nouveau. La costruzione richiese due anni e il progetto era dell’architetto  P. Yu. Suzor.

Le innovazioni

Per la prima volta in Russia si utilizzava una struttura in ferro e mattoni che permetteva di costruire enormi finestre. Un’altra soluzione innovativa adottata riguarda le grondaie. Per non sovraccaricare la facciata dell’edificio con strutture inutili, l’architetto le ha “nascoste” e l’acqua piovana passa attraverso tubi di rame all’interno delle pareti. Il sistema di ventilazione e di climatizzazione era il più moderno per l’inizio del XX secolo.

La facciata dell’edificio presenta una ricca decorazione. La torre angolare dell’edificio è coronata da un globo di vetro che serviva da pubblicità per la compagnia Singer, era illuminata dall’interno con l’elettricità, e dall’esterno era avvolta dalle parole “Singer and Co.”.

Nel gruppo scultoreo al di sotto ritroviamo due Valchirie sulla prua di una nave. Una regge un fuso e una macchina da cucire – simboli dell’industria leggera, l’altro – un arpione, che simboleggia la cantieristica e l’industria pesante. La compagnia Singer non solo vendeva macchine da cucire in tutta la Russia (fu la prima a venderle a credito), ma eseguì anche grossi ordini per cucire uniformi militari per l’esercito russo.

L’attico era occupato dalla filiale russa della compagnia “Singer”. Dopo la Rivoluzione i due piani inferiori divennero la sede della Dom Kingi. Durante la guerra la Dom Knigi continuò a lavorare nonostante i bombardamenti avessero distrutto le vetrate. Dopo la guerra, l’edificio subì un’importante ristrutturazione e il 14 novembre 1948 la Dom Knigi aprì nuovamente le porte ai lettori.

Dal dopoguerra

Negli anni del dopoguerra, migliorò costantemente i suoi metodi di lavoro e si  guadagnò la reputazione di innovatore. Nel 1949, per la prima volta nella libreria sulla Prospettiva Nevskij organizzarono un grande salone dei libri che diventerà tradizione e attrarrà migliaia di visitatori di anno in anno.

La Dom Knigi è sempre stata per i cittadini non solo un negozio, ma anche un importante centro culturale. E’ diventata l’iniziatore e l’organizzatore di incontri con gli autori, e regolarmente ha organizzato serate di poesia. Una curiosità: la scala centrale è in marmo di Carrara, ma inizialmente solo due rampe erano in marmo di Carrara.

Cinema Aurora

Questa perla della Prospettiva Nevskij apre le porte nel 1913. Il nome originario era “Picadilly”. Un cinema dalle dimensioni enormi 800 posti, per fare un paragone il cinema Gomon aperto a Parigi nel 1913aveva una capienza di 380 spettatori. Qui all’epoca del cinema muto lavorò Dmitrij Shostakovic. I film erano accompagnati non solo dal pianista ma addirittura da un’intera orchestra. Vladimir Nabokov era un frequente spettatore del cinema. Sarà nel 1932 che cambierà il suo nome in “Aurora”.

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Gli spettacoli si fermarono e la gente di Leningrado smise di frequentare il cinema tanto amato soltanto nel 1942, nel pieno della guerra. La cinematografia di tutto il mondo è approdata qui, e ciò ha fatto del cinema Aurora un luogo in cui i principali maestri del cinema considerano un onore presentare le loro opere. Nel corso di questo secolo di vita il cinema ha subito diversi restauri e ammodernamenti al passo con i tempi.

Emporio Gastronomico Eliseev

Peter Yeliseyev, il giardiniere del conte Sheremetev, fu il fondatore di questo emporio. La leggenda narra che per la notte di Natale del 1812 il giardiniere riuscì ad offrire al suo padrone e ai suoi ospiti delle fragole fresche. Alla domanda del conte su come potesse ringraziarlo per un tale miracolo Yeliseyev chiese la sua libertà. Il conte accettò e lo liberò donandogli 100 rubli. Per quei tempi una somma considerevole.

L’ex servo aveva non solo il talento di un giardiniere, ma anche una straordinaria capacità commerciale e divenne ben presto famoso in tutta Pietroburgo grazie alla sua capacità di sorprendere i clienti più esigenti. Qualche decennio più tardi l’attuale sede divenne centro di gestione di tutte le attività dell’emporio Eliseev.  Gli affari prosperarono e  presto i fratelli divennero fornitori della corte di Sua Maestà Imperiale. Intrattenevano rapporti commerciali con Inghilterra, Germania, Italia.

Durante la rivoluzione, gli Eliseev lasciarono il paese. Secondo alcune voci, i padroni avevano murato parte dei tesori nel negozio sulla Prospettiva Nevskij e in molti li cercarono. Nei primi giorni del governo sovietico, il negozio è stato nazionalizzato e i prodotti venduti.

L’emporio oggi

Ancora oggi non si tratta solo di una gastronomia, ma c’è anche ristorante, un teatro e un grande salotto per i ricevimenti. Al secondo piano dell’edificio si trova un elegante ristorante dagli interni molto eleganti in stile inizio XX secolo, il cui fiore all’occhiello è la cucina molecolare. Nella caffetteria all’interno del negozio si possono gustare miscele di caffè da tutto il mondo, deliziosi tè e dessert originali con ingredienti provenienti da tutto il mondo. L’emporio è sempre stato famoso per una vasta gamma di pesce e diversi tipi di caviale, il caviale di storione nero proveniente da Astrakhan e le rare uova di trota arcobaleno.

L’edificio si trova all’angolo tra la Prospettiva Nevsky e la Malaya Sadovaya, il progetto è di Gabriel Baranovsky in stile Art Nouveau. Si distingue nettamente dagli altri edifici adiacenti in stile classico per le sue linee arrotondate, la mescolanza di vetro, granito e metallo. La facciata presenta un’enorme vetrata e statue allegoriche di “Industria”, “Commercio”, “Arte” e “Scienza” dello scultore Adamson. Le bambole in movimento nella finestra riproducono scene dell’opera The Nutcracker.

Caffè Abrikosv

La storia di questo simbolo della Prospettiva Nevskij è simile a quella dell’emporio Eliseev. La fabbrica di dolciumi venne alla luce alla fine del XVIII secolo da un servo della gleba di nome Stepan Nikolaev, anche lui al servizio di nobili possidenti. Egli diventò celebre grazie alle sue gelatine di frutta che preparava con le mele del giardino signorile. Ben presto la sua fama giunse fino a Mosca e con i soldi ricavati comprò la libertà per se stesso e per la famiglia.

Ottenne il cognome di Obrekosov, che poi si trasformò nel rinomato cognome Abrikosov. Da una piccola attività a conduzione familiare si trasformò in un’intera rete di pasticcerie, sale da e da caffè fino a ricevere l’importante riconoscimento di Fornitore di Corte di Sua Maestà Imperiale. Nel commercio del tè iniziò a fare concorrenza anche alla famiglia Perlov di Mosca. Ideò un nuovo tipo di trasporto del tè dalla Cina, via mare invece che via terra attraverso la Siberia, più economico e più veloce.

L’insalta russa e il caviale da Abrikosov

Il locale oggi

All’inizio del XX° secolo, la pasticceria Abrikosov era particolarmente popolare a San Pietroburgo. Il locale che venne costruito al civico 40 della Nevskij Prospekt risale al 1906 e diventò ben presto una leggenda della città. Lo storico interno in stile cinese è rimasto immutato ed è ancora possibile rivivere le atmosfere di inizio ‘900. Gli interni sono meravigliosi. Caldi e accoglienti: legno, specchi, stampe cinesi. Nella caffetteria è possibile gustare ogni sorta di leccornie per cui il marchio è diventato famoso: cioccolatini, crostate, canditi, tè e caffè.

Cattedrale di Kazan

Proprio di fronte alla Dom Knigi si trova una delle più belle chiese di San Pietroburgo: la cattedrale di Kazan. Circondata da un colonnato” vaticano” ricorda un po’ la cattedrale di San Pietro a Roma. Realizzata tra il 1801 e il 1811  per custodire l’icona miracolosa di Nostra Signora di Kazan risalente al XIII secolo, una delle icone più venerate dai russi. Proveniente da Costantinopoli arrivò prima a Kazan, dove sparì in seguito alle invasioni tatare prima di raggiungere San Pietroburgo.

La cattedrale di Kazan

La Cattedrale di Kazan è stata la prima chiesa in Russia, costruita da un architetto russo in uno stile puramente europeo. I materiali usati per la sua costruzione sono tutti provenienti dalla Russia. A proposito delle sculture ritroviamo San Vladimir, colui che convertì la Rus’ al cristianesimo. Regge una spada nella mano sinistra e una croce nella mano destra, calpestando un altare pagano. Alessandro Nevskij, che difese la terra russa e la fede ortodossa dai cavalieri cattolici tedeschi e svedesi. Ai suoi piedi è una spada con un leone, l’emblema della Svezia. Lo scudo russo si appoggia su di esso.

La cattedrale di Kazan (particolare)

Le statue di due importanti generali delle guerre napoleoniche: Kutuzov e Barclay de Tolly. Sconfitto da Napoleone ad Austerliz, sarà alla fine Kutuzov a trionfare sui francesi utilizzando la tattica di disimpegno e della terra bruciata che gli permise di annientare le truppe avverse senza uno scontro diretto.

Cattedrale del Salvatore sul Sangue Versato

A pochi passi dalla Prospettiva Nevskij il 1 marzo del 1881 sul canale di Caterina, ora noto come “Canale Griboedov” venne assassinato l’imperatore Alessandro II. Esattamente sul luogo dell’omicidio sorge la “Chiesa della Resurrezione” nota a tutti come “Chiesa del Salvatore sul sangue versato. A volerla in memoria del sovrano furono sia il suo successore, Alessandro III che la Duma.

riflessi nel canale gelato

Il nuovo sovrano volle che questo tempio in memoria del padre, avesse le caratteristiche dell’architettura russa sui modelli di Mosca e Yaroslavl. Ci vollero ben due concorsi per soddisfare l’imperatore con il progetto. Parte del ponte e del canale macchiati del sangue dello Zar-Martire sono ancora conservati nella parte occidentale del tempio.

Dopo la Rivoluzione l’edificio rischiò di essere raso al suolo più volte, fu saccheggiato e utilizzato come deposito prima per la raccolta di verdure e poi di decorazioni teatrali. Gran parte degli interni vennero distrutti e solo nel 1970 si decise finalmente di iniziare con i lavori di restauro. Nel 1997 mostrò i suoi capolavori ai visitatori.

La chiesa del Salvatore sul Sangue Versato in una gelida sera d’inverno

All’esterno, nelle decorazioni sono commemorati i successi della Russia durante il regno di Alessandro II. Fu utilizzata  una grande varietà di materiali di finitura: mattoni, marmo, granito, smalto, rame dorato e mosaico. L’interno è spettacolare, interamente rivestito di mosaici che ricoprono un’area di 7065 metri quadrati. Si è letteralmente inondati dal blu e dall’oro dei mosaici.

L’azzurro e l’oro dei mosaici della Chiesa

Tutte queste bellezze della Prospettiva Nevskij si trovano tra l’Ammiragliato sulla Neva da un lato e il Ponte Anchikov dall’altro. L’Ammiragliato costituisce insieme all’Ermitage ed alla splendida piazza di fronte un altro importante centro della città.

Avevo bisogno di bere molto tè, perché non potevo lavorare senza. Il tè risveglia quelle opportunità che sono latenti nell’anima mia

Lev Tolstoj

In Russia il tè è una cosa seria. I russi hanno una loro peculiare cerimonia.

Il samovar

Il protagonista è il Samovar con il suo gorgoglìo che sembra un canto! Si tratta di una caldaia per far bollire l’acqua. Esso faceva parte del corredo di nozze delle giovani spose e si tramandava di generazione in generazione. Era sempre tenuto con grande cura e posto in vista nella stanza.

E’ considerato uno dei simboli della Russia, ma le sue origini potrebbero non essere russe. Secondo alcune versioni fu Pietro il Grande ad importare dalla sua amata Olanda un oggetto simile, secondo altre arriverebbe dalla Cina, mentre secondo altri sarebbe stato inventato a Tula e poi prodotto dall’industriale Demidov nelle sue fabbriche negli Urali. Non si sa!

 Ancora oggi il samovar è immancabile in una casa russa. Anticamente lo si metteva a scaldare sul fuoco di legna, ma si potevano utilizzare addirittura le pigne che conferivano all’acqua un delicato sapore di pino. Oggi perlopiù è elettrico. Quando l’acqua raggiunge la temperatura adatta viene portato in tavola. In cima c’è una piccola teiera con le foglie per l’infusione. Questo tè, molto concentrato chiamato zavarka, viene diluito con l’acqua del samovar direttamente nella tazza. Ancora oggi nelle case dei russi non è insolito trovare questa forte infusione sempre pronta, all’occorrenza diluita con l’acqua bollente.

Samovar e baranka

Come si beve il tè in russia?

Il tè è sempre servito con qualcosa da mangiare: miele, dolci, baranka (dolce a forma di anello), cioccolatini, pan pepato, stuzzichini. Possono essere aggiunti agrumi, fette di limone o anche marmellata di arance o ciliegie. Questa tradizione ha origini antichissime e risale ad una abitudine cinese di epoca Tang, periodo in cui il tè si beveva con varie aggiunte di frutta o verdura e spezie. In Russia nacque nelle stazioni di posta nei secoli XIII e XIX, quando i viaggiatori facevano una sosta per cambiare i cavalli. Bevevano tè per scaldarsi e aggiungevano il limone per migliorare la salute. Anche Stalin durante le riunioni era solito bere una tazza di tè con del limone.  

E’ d’obbligo servirlo con lo zucchero. Originariamente si mettevano dei pezzettini di zollette in bocca e si beveva la bevanda bollente addolcita dallo zucchero. Puskin diceva che l’estasi è bere tè nero con una zolletta di zucchero fra le labbra.

Non c’è un momento stabilito della giornata in cui berlo e spesso diventa un momento di conversazione e relax. E’ il momento ideale per godere della tipica e calda ospitalità russa!

Infine, il tè in Russia si beve bollente! Anticamente c’era l’usanza di versarne un po’ nel piattino quando era troppo caldo. Oggi questa usanza non c’è più, ma il tè viene comunque servito nella tazza con il piattino.

Come è arrivato il tè in Russia?

Secondo una leggenda i primi a raccogliere informazioni sul tè furono i cosacchi nel XVI secolo, ma la vera usanza di bere il tè comincia con Pietro il Grande. Tuttavia non fu nella sua San Pietroburgo ma a Mosca, che il tè divenne una tradizione della tavola russa. Durante il suo regno si hanno i primi scambi commerciali tra Cina e Russia e negli anni Venti del Settecento presero il via le forniture di tè alla Russia in grandi quantità. 

A differenza di quanto avveniva in Inghilterra dove il tè arrivava dall’India, il tè arrivava in Russia dalla Cina. Le navi mercantili inglesi trasportavano un tè essiccato, che quindi aveva un sapore diverso, mentre in Russia arrivava via terra attraverso la Siberia e gli Urali e non necessitava di essere essiccato. Anton Chekov racconta molto bene i patimenti di postiglioni e viaggiatori lungo la scassatissima, infernale, ma ahimè unica via percorribile… “Siberiana”. Si legge ne L’Isola di Sachalin:

è pressocchè l’unica arteria che congiunge l’Europa alla Siberia. E sarebbe proprio lungo quest’arteria – così almeno si afferma – che la civiltà fluirebbe in Siberia! Certo, se ne dicono parecchie, ma se ci sentissero i vetturini o gli impiegati postali, oppure questi concittadini fradici e infangati che affondano nella melma fino al ginocchio per trasportare il tè in Europa, chissà che cosa penserebbero dell’Europa medesima della sua sincerità! A proposito, guardate questo convoglio. Una quarantina di carri carichi di casse di tè, incolonnati lungo il terrapieno…Le ruote sprofondate a metà nei solchi, una lunga fila di ronzini scarni con il collo teso…

A. Chekov – L’isola di Sachalin

Inizialmente il prezzo era abbastanza alto, ma quando si abbassò, la bevanda iniziò ad essere consumata da tutti i ceti sociali. Ovviamene era diversa la qualità del tè.

Quali erano le qualità di tè più diffuse?

Il tè era apprezzato per le sue proprietà, per esempio la capacità di dare energia e combattere la sonnolenza. I più utilizzati erano il tè verde ma soprattutto il tè nero. A San Pietroburgo, erano apprezzate le miscele di tè con aggiunte floreali, ad esempio un famoso tè cinese col gelsomino. Il tè Ivan Chaj (camenerio), dalle molte proprietà benefiche ed era utilizzato in caso di malattia. Ancora oggi i medici ritengono che aiuti ad abbassare la febbre, allevia il mal di testa, riduce il rischio di contrarre il cancro e aiuta a liberare il corpo dalle tossine.

Ma si bevevano anche numerose altre infusioni dalle proprietà benefiche: Lo zveroboj (iperico, comunemente noto con il nome di erba di San Giovanni); il tè di tavolga; le foglie di smorodina (Ribes nero) note fin dal XI secolo, nei monasteri di Kiev e Novgorod; le foglie di brusnika (Mirtillo rosso) considerata  la regina dei boschi russi.

Una casa molto particolare a Mosca

Casa del tè Perlov

Come dicevamo è soprattutto a Mosca che il tè divenne una tradizione tipica. Ai tempi di Caterina II, quando il tè era già diventato una bevanda nazionalpopolare un ricco mercante, Sergej V. Perlov, decise di costruire una casa dove vendere e caffè.  Vi ho già parlato di questa casa molto particolare in un altro articolo. Venne costruita nel 1890. Nel 1896 in occasione della visita di un ambasciatore dell’imperatore cinese, Li Hongzhang, inviato a Mosca per l’incoronazione di Nicola II, le venne dato l’aspetto che conserva ancora oggi simile ad una pagoda cinese.

Perlov voleva far colpo sul notabile e ottenere alcuni importanti contratti d’importazione del tè. L’intero edificio era in stile cinese, appesa vi era la bandiera cinese e i commessi vestivano camicie rosse e gialle. Ornamenti di serpenti, lanterne orientali, vasi e sculture in porcellana cinese ornavano il negozio e i clienti potevano sedersi su cuscini di seta. La casa attirò ben presto l’attenzione dei moscoviti, che da allora cominciarono a frequentarla assiduamente. Un angolo di Pechino a Mosca! In questo video potete ammirarne gli splendidi interni.

La famiglia Perlov aveva iniziato la sua attività nel XVII secolo, con un piccolo banco al mercato dove si vendevano foglie di tè importate e bevande a base di esso.  Col tempo, la società della famiglia avrebbe assunto una posizione di leadership nel mercato del tè, del caffè e della cioccolata in Russia, diventando fornitore ufficiale della corte reale russa e imperiale austriaca, rumena e del Montenegro.

Nel periodo sovietico solo il piano terra rimase adibito a negozio, mentre i piani superiori divennero delle kommunalki (le tipiche case comuni, con una stanza per famiglia e cucina e toilette in comune). Dopo il restauro nel 1997 tornò al suo antico splendore e ancora oggi qui si può gustare un ottima tazza di tè e trovare miscele pregiate spesso introvabili.

Le foglie pregiate giungono dalla Cina, da Ceylon, dall’India, dal Kenya, dall’Inghilterra e da ogni parte del mondo ma anche dalla Russia, come quello famoso della regione di Krasnodar. Si trovano le tradizionali marche russe come la May Tea (il Tè di Maggio), la Staraya Moskva (L’antica Mosca), o i Three Indian Elephants (I Tre Elefanti Indiani). Si possono comprare in bustine ma se volete davvero seguire la tradizione russa meglio le foglie per preparare la zavarka.

Questa è la prima di una serie di pillole sul Friuli Venezia Giulia che voglio scrivere. Perché voglio parlarvi di questa regione? E’ una regione a cui sono molto legata perché una parte della mia famiglia vive lì e quindi la conosco abbastanza bene. E’ una regione ricca di testimonianze longobarde!Ma non è solo questo il motivo.

E’ una regione bellissima, ricca di storia, di eccellenze artistiche, di varietà climatico-paesaggistiche (si va dalla montagna al mare, alle colline con i vigneti). Purtroppo spesso viene poco valorizzata e pubblicizzata. Però in tutto questo c’è un lato positivo.

E’ ancora lontana dalle frotte di turisti che animano città come Roma, la vicina Venezia o Firenze. Per questo motivo ho deciso di organizzare un primo minitour alla scoperta di alcune delle sue bellezze, ovviamente con un occhio di riguardo per quelle medievali. Potete trovare la descrizione dell’itinerario con le date qui

Trieste: Piazza Unità d’Italia

Forum Iulii

Nel frattempo ogni tanto vi parlerò di qualche perla di questa regione. Il nostro viaggio inizia da Cividale del Friuli. L’antica Forum Iulii, da cui deriva il nome Friuli. Città ricca di testimonianze longobarde perchè fu luogo del primo insediamento di questo popolo in Italia. Fu edificata ai piedi delle Alpi Giulie lungo le rive del fiume Natisone, in una posizione ideale per controllare il territorio circostante. Era un castrum, ovvero una cittadella fortificata.

Il Ponte del Diavolo congiunge le due sponde su cui sorge la città. Nel 568 d.C. divenne sede del primo ducato longobardo in Italia, come ci racconta il cronista dei longobardi, il cividalese Paolo Diacono. In epoca medievale, dopo un lungo periodo di dominazione veneziana, fu importante centro politico economico ed ecclesiastico al tempo in cui vi si stabilì la sede del Patriarcato di Aquileia.

Il centro storico è piccolino ma pittoresco e suggestivo. Popolato di importanti testimonianze longobarde e non solo. Il Museo Archeologico contiene preziosi reperti di epoca romana, paleocristiana, altomedioevale, romanica e gotica. La sua collezione di monete longobarde è considerata la seconda al mondo per la qualità e il numero dei pezzi. Il Museo Cristiano del Duomo custodisce il meraviglioso altare del Duca Ratchis.

Ci sono poi Il Battistero di Callisto; l’ipogeo celtico; la piccola chiesa dei Santi Pietro e Paolo; la chiesa di San Francesco; la Pala di Pellegrino II opera davvero pregevole per tanti motivi tra cui l’utilizzo precoce della tecnica tipografica delle sue iscrizioni, e il bellissimo Crocifisso custoditi all’interno del Duomo. E poi c’è il mio amato Tempietto Longobardo.

Il tempietto longobardo

Piccolo oratorio situato all’interno del Monastero di Santa Maria in Valle che si affaccia sul verde- azzurro delle rive del Natisone. E’ una straordinaria testimonianza dell’architettura altomedievale. Originariamente doveva essere una cappella palatina, la cappella della residenza del rappresentante del re longobardo la cosiddetta gastaldaga.

Si tratta di un piccolo oratorio in cui però venero adottate soluzioni architettoniche che tendono a dilatare lo spazio e dare slancio verticale. E’ come uno scrigno dalla semplice linearità esterna che racchiude un capolavoro. In questo senso mi ricorda la cappella degli Scrovegni di Giotto a Padova. Tra la fine del IX e l’inizio del X sec l’area della gastaldaga venne donata al convento benedettino femminile e con essa anche la cappella. Al suo interno si sono conservate decorazioni e statue in stucco dell’VIII sec.

Al piccolo sacello si accede attraverso una porta posta nel lato meridionale direttamente nel presbiterio (la parte della chiesa riservata al clero officiante). L’ambiente è suddiviso in due corpi architettonici distinti: il presbiterio e l’aula. Il primo è separato dal secondo da una recinzione con due esili colonnine che sorreggono un architrave lignea. I capitelli di queste colonne sono probabilmente di origine antica.

L’aula ha nicchie con arconi alle pareti che sottolineano lo slancio verticale della struttura. La parete più articolata è quella occidentale, dove si trovava anticamente anche l’ingresso principale al tempietto. L’architrave della porta è in stucco e appena sopra c’è un grande arco delimitato da due ghiere floreali. La cosa che cattura immediatamente lo sguardo entrando nel piccolo oratorio sono le sei figure di sante e martiri proprio sopra questo arco.

La serie di figure femminili

Queste figure sono alte circa 2 metri e mostrano relazioni con la statuaria omayyade. Forse dovuta alla presenza di maestranze bizantine con influenze islamiche. Costantinopoli, ai confini di due mondi quello classico greco-romano e quello orientale, sviluppò due espressioni artistiche differenti. Da un lato reminiscenze dell’arte naturalistica e delicata dei greci, dall’altra la rigidità e l’austerità dell’arte asiatica. Le lunghe file di santi con grandi occhi scuri, in posizione rigidamente eretta e solenne sono espressione di una tendenza alla preferenza per un’arte ieratica tipica dell’Oriente.

Al centro si trova una finestra arcata decorata con motivi ad intreccio internamente, ed esternamente a palmette e fiori di loto. Il complesso delle sante è incorniciato da fregi orizzontali decorati con stelle o rosette ad otto petali.

Gli affreschi

Gli affreschi in gran parte perduti meritano attenzione. Nella lunetta sopra il portale principale è rappresentato Cristo tra gli arcangeli Michele e Gabriele. Interessanti sono le figure di sei santi. Soltanto una di queste figure rappresenta un ecclesiastico.

Tutte le altre sono santi guerrieri. E questo non può stupire perché il periodo in cui venne eretto il tempietto, era precario per il regno. Quindi particolare importanza venne riconosciuta ai martiri militari che dovevano intercedere presso Dio. La forma ovale dei loro volti è finemente modellata.

Le figure tutte uguali sembrano ripetersi come matrici. I grandi occhi aperti e fissi , la testa circondata da un nimbo giallo scuro, le sopracciglia tendenti ad unirsi sopra la radice del naso sottile. I modelli sono chiaramente bizantini.

Le testimonianze longobarde in Friuli sono molte ma il tempietto è sicuramente una delle più significative.

Non solo arte

Cividale è famosa anche per una golosità molto particolare: la gubana. Dolce friulano nato proprio nelle valli del Natisone, simbolo di queste valli e di Cividale. Un dolce che ha un legame con la Slovenia. Il termine: “guba”, da cui deriva in sloveno significa “piega”, probabilmente per indicare la forma a torciglione della gubana. Già in epoca romana esisteva l’usanza di farcire il pane con frutta e miele.

Tradizione che perdurò anche nel medioevo e nel rinascimento. Un dolce simile fu servito a Papa Gregorio XII durante la sua visita a Cividale nel 1409.  Veniva donata per augurare prosperità e ricchezza, e per questo immancabile durante i banchetti di nozze.

Io vi consiglio di provare quella prodotta dalla pasticceria Vogrig che si trova appena fuori dal centro cittadino.

La Gubana dolce tipico di Cividale

Nonostante il traffico, la frenesia, il cemento e le sue dimensioni Mosca è una città verdissima. Parchi, foreste urbane, giardini, piccole oasi di tranquillità e relax in cui trovare riparo dal caos della capitale. Alcuni sono famosi in tutto il mondo altri meno, ma una cosa li accomuna tutti. La grande cura. Non un filo d’erba fuori posto, non una foglia di troppo su un vialetto, aiuole curate, ovunque vedrete giardinieri e spazzini all’opera.

Un giardiniere al Museon Park lungo la Moskova

Ne ho selezionati 5 da presentarvi. Buona lettura!

Follow the Moskva…down to GORKY PARK

Forse è il parco più famoso di Mosca. Sarà anche grazie alla canzone degli Scorpions Wind of Change!

E’ un vero e proprio polmone verde in pieno centro sulle rive della Moscova. Progettato nel 1928 per essere  un luogo dedicato alla cultura (ancora oggi ospita numerosi appuntamenti culturali), allo sport ed alla vita all’aria aperta. Un parco voluto dai cittadini che parteciparono attivamente non solo alla progettazione ma anche alla sua costruzione fisica. Quando fu inaugurato 100.000 visitatori erano presenti all’evento. Nemmeno durante la guerra smise di essere utilizzato e i lavori di ammodernamento continuano tutt’oggi. Nel 2011 è stato oggetto di un restauro che lo ha reso una vera leggenda di Mosca. In tutto il parco il Wi-Fi è gratuito, perciò non è insolito vedere persone che lavorano al Pc sotto gli alberi in estate. Gorkij Park è pensato per rendere la vita dei moscoviti (e dei turisti!) migliore. Il sito del parco è bellissimo (qui trovate il link) e contiene una miriade di informazioni e la possibilità di scaricare un audio guida per la visita del parco.

Museon Park

Un parco-museo all’aperto che custodisce sculture di epoca sovietica. Opere di artisti d’avanguardia russi e artisti contemporanei in pietra, bronzo, legno e altri materiali.  Viene chiamato anche il “cimitero” delle statue dei leader sovietici smantellate agli inizi degli anni ’90. Ritroverete Stalin e Feliks Dzerzhinskij.  Ma ci sono anche statue ispirate alle favole russe!

VDNKh e il Museo dei Cosmonauti

Quando fu costruito nel 1939 l’enorme parco era dedicato all’Esposizione Agricola di tutta la Russia. Krusciov ne fece un parco per commemorare le conquiste economichescientifiche e tecnologiche del Paese. Amato dai cittadini e dai visitatori di tutto i mondo è diventato una delle principali attrazioni di Mosca. E’ un importante esempio di architettura sovietica che combina modernismo con elementi avanguardisti. Decine di padiglioni, fontane, stagni, bar e ristoranti. Non basterebbe un’intera giornata per riuscire a vedere tutto! Uno degli spazi espositivi più interessanti è il Padiglione n. 34, “Kosmos”(Spazio) che insieme all’adiacente Museo dei Cosmonauti è dedicato al tema aerospaziale. Le fontane sono suoi simboli, la “Fontana dei Popoli”, la “Fontana dell’amicizia”, “il Fiore di Pietra”. Quest’ultima è stata la prima fontana con musica e luci al mondo. E’ ispirata ai racconti dello scrittore Pavel Bazhov, che ha basato le sue storie sulle favole dei minatori dei monti Urali. Appena usciti dalla stazione della metropolitana VDNKh ci si imbatte nel Monumento ai Conquistatori dello Spazio. Eretto nel 1964 per celebrare le conquiste spaziali del popolo sovietico. E’ in lega di titanio, materiale usato nella costruzione di  parti delle navicelle spaziali perché altamente resistente alla corrosione ed è alto 110 mt. Un lungo viale con i busti dei cosmonauti, la leggenda Gagarin su tutti ovviamente, conduce all’obelisco e al museo dedicato ai cosmonauti, che consiglio a tutti di visitare e fermatevi al bookshop perchè potreste trovare diversi souvenir interessanti da portare a casa.

Gli Stagni del Patriarca


“Nell’ora di un caldo tramonto primaverile apparvero presso gli stagni Patriaršie due cittadini […] Giunti all’ombra dei tigli che cominciavano allora a verdeggiare, gli scrittori (i due cittadini di cui sopra, ndr) si precipitarono per prima cosa verso un chiosco dipinto a colori vivaci, che portava la scritta “Birra e bibite”. Ma conviene rilevare la prima stranezza di quella spaventosa serata di maggio. Non solo presso il chiosco, ma in tutto il viale parallelo alla via Malaja Bronnaja, non c’era anima viva. In un’ora in cui sembrava che non si avesse più la forza di respirare, quando il sole, che aveva arroventato Mosca, sprofondava oltre il viale Sadovoe in una secca bruma, nessuno era venuto sotto l’ombra dei tigli, nessuno sedeva su una panchina, deserto era il viale.”

Il Maestro e Margherita – Bulgakov

Allora… parliamoci chiaro! Se come me siete innamorati di “Il Maestro e Margherita” questo parco deve essere una tappa obbligata nella visita a Mosca. E se non siete mai stati a Mosca e avete letto questo libro non so come facciate a non esserci ancora andati! E se non avete mai letto il Maestro e Margherita.. leggetelo così vi viene voglia di andarci.

Agli Stagni del Patriarca (Patriaršie prudy), comincia l’avventura moscovita del Signor Woland (il Diavolo), Korovev e il gatto Behemot (i fedeli demoni che lo accompagnano). E’ un bellissimo parco cittadino con al centro un laghetto e circondato da edifici residenziali.  Non lontano, la vivace Via Sadovaja.

Tutto il quartiere che lo circonda è un’elegante zona residenziale, in cui si incontrano diversi luoghi celebri del romanzo. Ad esempio all’interno del giardino Akvarium si trova adesso il teatro Massovet che ai tempi del romanzo era la sede del MASSOLIT o Griboedov, il luogo dove si incontravano gli scrittori sovietici nel romanzo.

Una scena dalla serie tv

Parco Zaryadye

Il più giovane dei grandi parchi di Mosca. Inaugurato solo un paio d’anni fa è il nuovo cuore verde a due passi dalla Piazza Rossa. Realizzato dallo studio americano Diller Scofidio + Renfro, il parco vuole essere un omaggio alle quattro zone climatiche del Paese: la tundra, la steppa, le zone acquitrinose e i boschi. Le piante provengono da tutte le regioni della Russia. Una simbiosi di natura e tecnologia.

La passerella del parco sospesa sulla Moscova

I padiglioni per esposizioni temporanee, gli anfiteatri e la sala concerti si integrano con il paesaggio naturale pur restandone chiaramente distinti. Da ogni angolo del parco è possibile godere di scorci suggestivi sulla città. La volta di vetro riprende le linee del paesaggio e protegge il pubblico dalle intemperie. I due anfiteatri ospitano concerti, proiezioni di film e laboratori di danza. Il grande anfiteatro ospita fino a 1.500 spettatori, il piccolo ospita fino a 400 spettatori. La grotta di ghiaccio riproduce le misteriose grotte settentrionali e offre la possibilità di avvicinarsi a questo mondo affascinante anche se non si è uno specialista. Sul sito dove ora si trova il museo archeologico sotterraneo passava la prima strada di Mosca.

L’emporio gastronomico

All’interno del parco si trova il Centro gastronomico “Zaryadie“. E’ un moderno mercato alimentare, dove in otto diversi ristoranti si preparano piatti secondo le ricette della cucina delle regioni russe. Ogni ristorante ha un proprio design e dal nome si capisce la tipologia di cucina. Ostriche selvatiche e ricci del Mar del Giappone allo Champagne bar. Bistecche e tagli selezionati da Voronezh, Bryansk e Kazan da “Meat Meat”. Frutti di mare e pesce dell’Estremo Oriente e delle acque del nord da “ShrimpsCrabsLangoustines”. Tutte le varietà di zuppe da “Soupstation”. E ancora polli, manzo e agnello su spiedini, Oche, anatre, quaglie. Il ristorante “Sawing”, produce e vende più di 10.000 gnocchi al giorno e tutta una varietà di piatti di pasta. E per dessert, torte, bignè, pasticcini “Al Samovar”. L’angolo take away “Eat and Walk” dove acquistare sostanziosi panini croccanti in 15 varianti.

Capite perché il parco è in gara per i prestigiosi World Travel Awards, gli Oscar del Turismo?!

E molti altri parchi…

I pittoreschi Stagni di Novodevichij affaciati sull’omonimo monastero che si riflette nelle acque della Moscova; i Giardini dell’Hermitage con musica, balli e buoni cocktail; i Giardini Bauman dedicati alle attività sportive e ricreative; Aptekarskij ogorod il più antico orto botanico russo, voluto da Pietro il Grande. La lista dei parchi di Mosca è lunghissima e non si può parlare di tutti. Ma credo che già questi siano sufficienti per trovare riparo nel verde dal caos di una delle più grandi città del mondo

Nei mesi scorsi si è parlato molto di uno dei grandi capolavori delle cattedrali medievali:  Notre-Dame di Parigi.  Che cosa ne pensate voi del Medioevo? Per molti è un periodo strambo e bigotto, arretrato (appena si vuole indicare qualcosa come retrogrado si grida subito al Medioevo). Per altri è affascinante, adulato , un periodo di forte relazione con i ritmi della natura .  Come diceva Jacques Le Goff  il nostro tempo ha del Medioevo due differenti immagini : “noire” e “idealisé” (oscuro e idealizzato). Da un lato il Medioevo retrogrado e lugubre, dall’altro quello poetico, soave.

Ma tralasciando le riflessioni su chi abbia ragione sul Medioevo, vi voglio raccontare qualcosa delle molte Notre-Dame che vennero costruite e del “tempo delle cattedrali”.

Lo “style 1200”

Tutto ha inizio nella regione settentrionale della Francia. Da qui parte un movimento artistico che segna il passaggio graduale dall’arte romanica a quella gotica. Prende il nome di “style 1200”. Inizia verso il 1175 in Champagne e da qui si propaga nel Laonnais, nel Soissonnais e nel Artois. L’Ile de France e Parigi, che in quel  periodo era una città in piena espansione politica e demografica, hanno fortemente contribuito allo sviluppo di questo movimento .

La cattedrale di Parigi ovviamente risente di questo stile, come prima di lei già altre cattedrali ad esempio Saint Denis, Laon, Noyon e Sens. Le sue caratteristiche sono maggiormente evidenti nella miniatura, nelle vetrate e negli smalti. Ritroviamo una tendenza “antichizzante” che abbandona gradualmente tutte le forme di stilizzazione romanica, sebbene talvolta i due stili convivano ancora nella medesima opera. Lo stile diventa armonioso ed elegante con influssi classici .

Questi piccoli oggetti si diffondevano con facilità e divennero un modello anche per le opere architettoniche. Il rosone occidentale di Notre-Dame a Parigi e le vetrate di Laon sono chiaramente ispirate alle miniature di uno dei capolavori dello stile 1200: il salterio della regina Ingeborg. Le strutture architettoniche invece, daranno spazio ad un nuovo elemento fondamentale affrontato con una differente ottica: la luce. Per questo appariranno ampie vetrate, archi a sesto acuto, volte a costoloni, archi rampanti esterni.

Il gotico maturo

Gradualmente lo stile 1200 lascerà lo spazio ai caratteri del gotico classico. Parigi sarà il principale centro di irradiazione. E non a caso! Nella sua Università troverà la propria roccaforte la filosofia scolastica. La cattedrale gotica, è profondamente legata ad essa.

Questo legame è stato studiato a fondo da uno storico dell’arte, Erwin Panofsky . “Architettura gotica e filosofia scolastica” spiega come nella loro composizione le cattedrali gotiche siano un trattato scolastico in pietra.  In esse ” i singoli elementi pur formando una unità indivisibile devono proclamare la loro identità  restando chiaramente separati l’uno dall’altro- i fusti dal muro o dal nucleo del pilastro; i costoloni da quanto li circonda; ogni membratura verticale dai rispettivi archi; e inoltre deve esistere tra loro una correlazione senza equivoci”. Esattamente come un trattato è suddiviso in varie parti, così anche la struttura della cattedrale è suddivisa in molte parti che formano un’insieme, ma restando ciascuna chiaramente distinta dall’altra.

Proprio come la Summa scolastica la cattedrale del gotico maturo tentò di incorporare la totalità del sapere cristiano, teologico, morale naturale e storico.

Il mio viaggio

Per colpa di questo libricino qualche hanno fa ho voluto fare un viaggio alla scoperta di questi libri di pietra. Così è nata la proposta di itinerario che potete trovare qui.  

Per chi ama guidare è un ottimo fly&drive, a mio avviso il modo migliore per visitare questa regione perdendosi tra le mille meraviglie che offre!  Noi siamo partiti con la nostra auto direttamente da Torino, ma l’ideale è prenotare un volo fino a Parigi e poi noleggio dell’auto (ritiro e consegna in aeroporto).

Le molte Notre-Dame

Le cattedrali sorgono imponenti in deliziosi e pittoreschi borghi della campagna francese, in Piccardia e tra le colline dello Champagne:

Notre-Dame di Reims: la cattedrale dove venivano incoronati i Re, famosa per i suoi rilievi e le sue sculture come l’Angelo Sorridente.

Notre Dame di Reims

Notre-Dame di Amiens: il complesso scultoreo scultoreo della cattedrale è tanto imponente e completo di episodi del Vecchio e Novo testamento da essere soprannominato   “Bibbia di Amiens”

Notre Dame di Amiens

Notre-Dame di Chartres di cui sono rinomate le vetrate con il loro blu inimitabile e il labirinto nel pavimento della navata. Questo labirinto è uno dei meglio conservati ed è il più grande giunto dall’epoca medievale ai nostri giorni.

Notre-Dame di Laon: Il suo rosone è una dei primi esempi dell’arte gotica, le sue vetrate sono in gran parte ancora originali. Ma la cosa che più colpisce sono i buoi delle due torri in facciata. Guardano la campagna circostante, quasi fosse un omaggio al lavoro fatto per portare le grosse pietre sulla cima della “Montagna d’oro” sulla quale si erge la cattedrale.

Notre-Dame di Noyon: una delle più antiche cattedrali gotiche. Nella sua imponente facciata si nota bene il passaggio da romanico a protogotico.  La navata mostra per la prima volta l’alzato a 4 piani: arcate, matroneo, triforio e claristorio.

Notre-Dame di Parigi: Sulla cattedrale della capitale francese è stato detto molto. Qui ho trovato un interessantissimo articolo sulla storia contemporanea di questo capolavoro medievale.

Molte cattedrali gotiche sono dedicate a Notre Dame. Ma in particolare alcune di queste, fanno parte di un gruppo la cui disposizione sulla superficie terrestre riproduce la costellazione della Vergine. E’ dunque è affascinante che queste cattedrali siano dedicate proprio a Nostra Signora.

Lo champagne

Se siete appassionati di vino proprio non potete perdervi una visita con degustazione presso le più emblematiche cantine: Mumm, Ruinart, Jaquemart, Mercier, Dom Perignon, Veuve Clicquot, ce ne sono davvero tantissime soprattutto a Epernay, considerata infatti la “capitale dello Champagne”. Ma non dimenticatevi dei vigneron.  Sono piccoli produttori indipendenti che con grande passione vi apriranno le porte delle loro cantine e vi faranno assaggiare il loro champagne. Inoltre generalmente condividerete questa esperienza con poche persone.

A questo utilissimo link https://www.champagne.fr/it/scoprire-la-champagne/turismo/visita-cantine-degustazione troverete un elenco completo di tutte le cantine di grandi Maisons, Vignerons e Cooperative di produttori suddivise per area. 

Vigneti dello Champagne

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