Storie di scacchi al British Museum di Londra

Attenzione.. Articolo un po’ nerd di storia dell’arte in cui vi porto nel magico mondo degli Scacchi di Lewis. Se state programmando un viaggio a Londra vorrete mica non andare al British Museum. E queste meraviglie si trovano proprio lì e rischierebbero di passare inosservate in mezzo a tutto il popò di roba che offre questo Museo. A meno che… Voi non siate dei fanatici di arte medievale, in quel caso potreste saperne più di me e allora mi scusino!

Misteriosi e intriganti, proprio come la storia della loro scoperta. Sono stati ritrovati nel 1831 alle Ebridi, sull’isola di Lewis da cui prendono il nome. Il numero preciso dei pezzi non è stato immediatamente rilevato in maniera accurata e le transazioni che li hanno portati da Lewis a Edimburgo non sono ben documentate.

Nelle successive trattative di vendita la collezione è stata più volte divisa, alcuni pezzi vennero venduti separatamente, altri semplicemente si dispersero in mani private. Ad oggi i pezzi conservati sono 78 e si possono ammirare al British Museum di Londra (io li ho visti qui) e al National Museum of Scotland a Edimburgo.

Molte leggende circolano sulle loro origini e sulla loro storia e questo ha contribuito a generare un alone di mistero. Ma una cosa è certa, le loro simpatiche facce con quegli occhi spiritati, i delicati intagli delle barbe e dei capelli e i meravigliosi decori di scudi e troni sanno conquistare tutti i cuori. Sono dei piccoli capolavori di arte romanica.

Tanto da guadagnarsi un cameo in Harry Potter e la Pietra filosofale nella scena in cui Harry e Ron imparano a giocare a scacchi, abilità che tornerà loro utile quando dovranno affrontare l’incantata scacchiera gigante a guardia della Pietra.

Curiosi personaggi personaggi questi Scacchi di Lewis.

Nelle prime descrizioni appaiono proprio così: “curiosi”. Ma Sir Frédéric Madden ne riconobbe immediatamente anche il valore in quanto opera d’arte: delle mini sculture con caratteri simili alle loro sorelle “maggiori” in legno e pietra. Sono stati intagliati tra il 1150 e il 1200. Dove? Non è chiaro.. Inghilterra o Scandinavia, più probabilmente la seconda.

Si chiamano Arti Minori ma sono solo capolavori in miniatura!

Per molti secoli le arti minori furono più importanti dell’architettura, della pittura monumentale e della scultura, definite arti maggiori. Più adatte ad essere trasportate in un mondo in continuo movimento (pensate alle culture prevalentemente nomadi dei paesi del Nord e Slave, ma anche agli stessi sovrani occidentali che avevano corti itineranti) erano loro a definire le tendenze artistiche.

Per tutto l’alto Medioevo occupano un ruolo di primo piano e sono di una qualità colta e raffinata che le rende la più profonda espressione artistica di quei secoli. E forse non è un caso che quei pochi nomi di artisti giunti fino a noi fossero orafi: Vuolvinio, Godefroy, Nicolas de Verdun, il maestro Hugo. E accanto a loro i nomi dei grandi committenti tra cui spicca l’abate Suger di Saint Denis. Piccoli oggetti capaci di suscitare grandi emozioni. Considerati preziosi non tanto per i materiali pregiati, quanto per la qualità della manifattura e per il loro valore spirituale e simbolico capace di condurre “per visibilia ad invisibilia”.

La tendenza si inverte verso la fine del XI secolo. Da qui in poi saranno le arti maggiori a dominare la scena artistica, ma nelle arti minori si possono comunque identificare alcuni elementi comuni.

Ad esempio la monumentalità, che l’arte romanica condivide con quella del X e XI sec, insieme alla pesantezza e alla rigidità. I nostri buffi piccoli amici, con i loro ben dieci centimetri di altezza, potrebbero essere stati realizzati tra il 1150 e il 1200. In loro le forme sono estremamente semplificate, le pieghe degli abiti sono quasi un ornamento, le figure sembrano masse pesanti compresse in poco spazio la cui pressione sembra voler esplodere dagli occhi. Hanno un’impostazione bidimensionale come se fossero dei rilievi che emergono da un fondo piatto e questo dona loro un aspetto primitivo.

Che si tratti di re o regine, di cavalieri o vescovi hanno tutti la stessa espressione stralunata con grandi occhi sporgenti, labbro superiore prominente e piegato all’ingiú. Molta più fantasia è stata utilizzata nel decorare i troni. Ognuno di essi presenta una propria particolarità dai motivi geometrici, animali avvolti in viticci, ornamenti arabeggianti. Tutti motivi ampiamente utilizzati in manoscritti, oreficerie, altri manufatti in avorio e architetture negli stessi anni.

I Re

I re sui loro troni reggono tutti una spada con entrambe le mani, poggiata sulle ginocchia. Potrebbe trattarsi di un simbolo di forza fisica ma anche dell’amministrazione della giustizia. Il mantello è rimboccato sul lato destro per permettere l’impugnatura della spada.

Le pieghe delle vesti presentano un marcato linearismo che ritroviamo anche nei manoscritti dello stesso periodo. Il re era come un padre per il popolo, questa figura paterna è sottolineata dalle folte barbe che presentano tutti tranne un paio. I capelli sono raccolti in trecce che ricadono sulla schiena secondo la moda del tempo. Solo uno sfoggia un caschetto da fare invidia a Raffaella Carrà.

Le Regine

Assise su troni decorati come i re anche loro ci permettono di farci un’idea delle mode del tempo. Sotto la corona indossano un velo che ricade sulle spalle. Quasi tutte hanno questa strana posa con la mano destra sul viso e la sinistra che sorregge il gomito opposto.

Due reggono un corno (la cui simbologia non è chiara) nella mano sinistra e una un lembo del vestito o un velo. Anche per le regine gli abiti presentano un forte linearismo, su alcune ancora più accentuato.

I Vescovi

Alcuni sono in piedi, altri seduti su troni. Tutti indossano la mitra e impugnano un pastorale, alcuni con due mani, altri con una, reggendo nell’altra una Bibbia o benedicendo.

I Cavalieri

Montano cavalli tozzi e irsuti che sembrano più che altro pony. Sono pronti per la battaglia, indossano elmi, scudi, spade, lance. Gli elmi sono di varia forgia: conico con para orecchie e naso come d’uso dal XI sec, oppure il Chapel de Fer un elmetto tondo simile ad una cuffia. Gli scudi sono finemente decorati.

Le Guardie e le pedine

Le guardie sono raffigurate come soldati di fanteria. Tre sono davvero particolari, mordono rabbiosamente lo scudo. La spiegazione di questa strana furia la si trova nelle saghe norvegesi. I guerrieri di Odino si lanciavano in combattimento mordendo i loro scudi e questa frenesia aveva il nome di Berserksgangr. Berserker potrebbe derivare da “bear shirt” o “bare shirt”, a entrambi si attribuiva il significato di selvaggio.

Le pedine sono tutte inanimate

Il ruolo degli scacchi

Da sempre sono considerati un gioco complesso di strategia e abilità. Le origini non sono chiare e vanno dalla Grecia all’Egitto, dall’India alla Persia. In arabo la parola scacchi è shatranj, derivazione del persiano chatrang e dal sanscrito chaturanga. Le prime scacchiere risalgono al VII e IX secolo. Dalle lontane terre arabe il gioco è giunto in Europa dove ha assunto proprie caratteristiche. Ad esempio la figura del Visir diventò la regina con la sua funzione di consigliere, quella che negli scacchi persiani era il carro di guerra diventò la torre, la figura del vescovo era inesistente e probabilmente era in sostituzione del principe.

Nella chiesa di San Savino a Piacenza c’è un curioso mosaico pavimentale che rappresenta una grande scacchiera. Solo uno dei due giocatori appare raffigurato. Dell’altro spunta solo un braccio che discende sulla scacchiera. Forse mancanza di spazio per la raffigurazione? O forse questo mosaico riprende la tematica della Ruota della Fortuna rappresentata centralmente e potrebbe indicare il gioco degli scacchi contro Morte e Fortuna?

Qui vi ho parlato di altre serie di scacchi affascinanti. Questa volta siamo a San Pietroburgo. In Russia questo gioco ha conosciuto una fama straordinaria in epoca sovietica, quando i comunisti decisero di diffondere questo hobby alle grandi masse e trasformarlo in una vera e propria arma politica. Ciò era dovuto al fatto che questo sport insegna a pensare in modo strategico, e per l’URSS era fondamentale dimostrare la propria superiorità intellettuale.

Basta.. fine del post nerd! Gli scacchi di Lewis vi aspettano, non dimenticatevi di loro.

Io invece vi aspetto su IG e FB.